Resta da capire cosa c'è di africano in un tablet "made in China" con sistema operativo americano. Manoku sul suo sito si dice "offeso" dal "discredito di quanti continuano a negare l'africanità del nostro prodotto, a dispetto dell'evidenza". Un evidenza che a noi francamente sfugge, magari se invece che offendersi Manoku spiegasse dove sta l'africanità del suo tablet, saremmo felici di ricrederci. Per ora, ci pare semplicemente un tablet cinese rebrandizzato in Congo; a questi rilievi, Manoku risponde che "in altri Paesi non esistono tablet identici sotto altri marchi", e che la produzione è cinese solo per ragioni di costi.
Cinese o africano che sia, nel mondo globalizzato il Way-C dovrà vedersela con device già da tempo presenti nel continente, a cominciare da Blackberry, che è molto diffuso in Africa. ma questo non spaventa l'imprenditore congolese, che pianifica di vendere il suo tablet e i suoi smartphone in 10 nazioni africane, e di espandersi anche in Belgio, Francia e India, probabilmente contando sulla comunità congolese all'estero.
Suggestioni: il Congo tra realtà e fantasia
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