Quando Teresa Angelico mi ha detto che il suo romanzo, “Omicidi
al liceo” era il più venduto di tutti i tempi su iTunes, con 50 mila copie
vendute, son caduto dalla sedia. E mi chiedeva anche se secondo me era un buon
risultato.
Le ho subito chiesto se poteva darmi le copie dei resoconti
di Apple: non perché non ci credessi, ci mancherebbe altro. Ma perché volevo
vedere che effetto fa vedere simili cifre nero su bianco. Ho provato un senso
di vertigine. 50 mila (e rotte) copie certificate dalla Mela. Prima che l’industria
editoriale metta le sue mani rapaci su Teresa, e non ho dubbi che lo farà,
visto il risultato, ho immediatamente scaricato il suo romanzo per capire come
può una storia semplice, un giallo “senza sesso e senza violenza”, come lo
descrive lei, ammaliare un simile oceano di persone. 50 mila. Da riempirci uno
stadio. Certo, per molti mesi il romanzo era gratuito, ma 50 mila son sempre 50 mila.
Il romanzo mi ha travolto con la sua lingua delicata, la
freschezza di una narrazione lineare, di personaggi che si presentano quasi con
pudore. Un romanzo ambientato nel liceo di un piccolo paese della provincia
italiana. Un tempio della cultura classica, arroccato su una roccia dove per
arrivarci bisogna usare le scale mobili, quasi come i templi greci di meteora.
Ma invece degli dei dell’olimpo troviamo professori, bidelle (pardon, personale non docente) e presidi. Angelico evita accuratamente la moccesca, facile strada di fare un romanzo adolescenziale popolato di adolescenti alle prese con i primi batticuori, i lucchetti e l’ansia da “matura” e costringe il lettore a identificarsi col corpo insegnante e non. Che sono un nido di vipere, una pentola a pressione di rancori, odii, relazioni personali confuse sul punto di eslpodere.
Ed esploderanno in un crescendo di violenze psicologiche, sopraffazione, esasperazione, carrierismo di aspiranti vicepresidi. La situazione deflagra quando il preside presenta la nuova supplente… Una supplente tutta tette che in apparenza sembrerebbe più adatta a un film greve con Alvaro Vitali, ma che in realtà si rivela ben presto una personalità disturbante, sottile, crudele per quanto può essere crudele una dark lady in versione ministeriale: magistrale la pagina con cui umilia e vessa una collega costringendola a coprirle un turno di lavoro. Il vero orrore sta nelle piccole malvagità quotidiane. Ma la situazione è troppo tesa, e corre verso la catastrofe. Piccoli segnali, un cane ammazzato a bastonate, sono il preludio alla catastrofe umana che sta per abbattersi sul liceo.
Ma invece degli dei dell’olimpo troviamo professori, bidelle (pardon, personale non docente) e presidi. Angelico evita accuratamente la moccesca, facile strada di fare un romanzo adolescenziale popolato di adolescenti alle prese con i primi batticuori, i lucchetti e l’ansia da “matura” e costringe il lettore a identificarsi col corpo insegnante e non. Che sono un nido di vipere, una pentola a pressione di rancori, odii, relazioni personali confuse sul punto di eslpodere.
Ed esploderanno in un crescendo di violenze psicologiche, sopraffazione, esasperazione, carrierismo di aspiranti vicepresidi. La situazione deflagra quando il preside presenta la nuova supplente… Una supplente tutta tette che in apparenza sembrerebbe più adatta a un film greve con Alvaro Vitali, ma che in realtà si rivela ben presto una personalità disturbante, sottile, crudele per quanto può essere crudele una dark lady in versione ministeriale: magistrale la pagina con cui umilia e vessa una collega costringendola a coprirle un turno di lavoro. Il vero orrore sta nelle piccole malvagità quotidiane. Ma la situazione è troppo tesa, e corre verso la catastrofe. Piccoli segnali, un cane ammazzato a bastonate, sono il preludio alla catastrofe umana che sta per abbattersi sul liceo.
Un romanzo che per certi versi ricorda l’allucinato Condominium
di ben Bova: le stesse atmosfere apparentemente quotidiane, tranquille, una
vita che scorre apparentemente normale mentre in realtà sotto la vernice di
rapporti magari ipocriti, ma civili, ribolle un oceano di rabbia che ben presto
manderà in pezzi ogni traccia di convivenza civile.
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