lunedì 25 febbraio 2013

Lo sciopero non salverà le edicole da una crisi globale


Alcuni edicolanti aderenti al sindacato Snag-Confcommercio scioperano proprio nei giorni delle elezioni, per attirare l’attenzione sulle difficoltà di un settore strangolato dalla crisi: negli ultimi anni scorsi anni 10 mila edicole hanno chiuso e nei prossimi mesi i sindacati si aspettano altre chiusure a catena, si parla di 30 mila posti di lavoro a rischio. 


Gli edicolanti mettono l’accento sullo scarso guadagno per ogni copia (18 centesimi lordi, in media, sui quotidiani). “Il giornalaio è un imprenditore incatenato” dicono alla Snag, “e non abbiamo armi per rispondere alla crisi del sistema: non possiamo scegliere quali riviste mettere in vendita, né la loro quantità. E le dobbiamo pagare in anticipo, senza poter toccare i prezzi imposti dall’editore. E così via alla serrata, nonostante l’appello a rimanere aperti del Garante sugli scioperi, Roberto Alesse, e del Prefetto di Roma, secondo i quali “Le edicole, grazie al loro prezioso servizio, contribuiscono a rendere più effettivo il diritto all’informazione per i cittadini, specie in giorni significativi come quelli legati alle elezioni politiche e regionali’’. Appello accolto da altri sindacati di edicolanti, a cominciare dal Sinagi, che ha rinviato lo sciopero. 
Il guaio, secondo noi, è che lo sciopero potrebbe essere controproducente, e mettere in luce il fatto che in realtà le edicole da tempo non sono più il cuore dell’informazione, che di fatto si è spostato online. 
Negli Usa ad esempio il nemico principale sono i giornali e le riviste digitali, che hanno triplicato le vendite: quasi 8 milioni di copie nella seconda metà del 2012, contro i 3,2 milioni dello stesso periodo del 2011

Usa, pericolo digitale
La AAM (Alliance of Auited Media), l’organizzazione che negli Usa monitorizza la diffusione della stampa, ha censito 289 testate con edizione digitale, che hanno in mano il 2,5% dell’intera industria dei periodici. Sembra poco, ma è abbastanza per mandare un pericoloso siluro alle edicole, che hanno visto crollare il loro giro d’affari dell’8,2%. Le vendite in edicola del Time sono crollate di un quarto, e questo fa un effetto domino, chi non va più ogni giorno in edicola a comprare il quotidiano magari non compra nemmeno l’albo a fumetti per il figlio o la rivista che cattura la sua attenzione. 
I giornali che vendono più copie digitali sono Cosmopolitan (254.751), Wired (84.118), GQ (74.806), The New Yorker (59.471) Esquire (57.795), Glamour (53.794) e Vanity Fair (53.735). Ma sono ben lontani dal re incontrastato dell’edicola digitale: la rivista per giocatori Game Informer Magazine, che straccia tutti inondando la rete con due milioni e trecentomila copie digitali.
Roba che mette al tappeto le edicole molto più degli “aggi”, cioè delle percentuali della vendita che restano in tasca agli edicolanti, giudicati troppo bassi, o della crisi globale dell’editoria che falcidia tutta la catena, non solo le edicole, ma anche i distributori locali di giornali e riviste.

Addio al simbolo di Newark
Così negli usa chiudono anche edicole storiche, come il Newsstand di Newark (foto a destra), che da 75 anni vendeva libri e giornali; e 75 anni oltreoceano è già archeologia. “Eravamo il più grande negozio di riviste dello Stato del Delaware” racconta l’ultimo proprietario, Bacchu Patel. “Eravamo specializzati in ogni rivista di ogni settore”. 
Una grossa edicola, anche per gli standard Usa, con 5 mila testate, sigarette e snack. 
Patel racconta che la fortuna dei quotidiani digitali è stato un o dei fattori che l’hanno messo alle corde: una volta vendeva 300 copie del New York Times, ma ultimamente, da che il quotidiano newyorkese è sbarcato sull’iPad, le vendite sono crollate a 30, troppo poche per tenere aperta l’edicola. Peggio ancora è andata per la vendita di mappe e guide turistiche, business ormai completamente fagocitato dalle guide online e Google Maps. 
“Il fatto è che il mondo sta semplicemente cambiando”, filosofeggia Patel, “la gente non compera più riviste e giornali come faceva prima”. 
Paradossalmente, ci rimane più male il sindaco, che vede andarsene via per sempre una parte del panorama urbano della sua città: 
“L’edicola era una parte importante del carattere della nostra città, una di quelle cose che hanno fatto di Newark Newark” dice sconsolato. 
Il guaio è anche che il declino delle edicole, in paesi grandi come il Canada e gli Usa, rende i punti vendita superstiti molto sparsi sul territorio, e quindi difficili da raggiungere; solo i grandi editori possono permettersi i proibitivi costi di distribuzione, i più piccoli vanno direttamente sui tablet, volenti o nolenti.

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