domenica 31 luglio 2011

Speriamo che Barbanera dia una mano pure a noi!

"La pirateria aiuta il cinema".
Un segreto di Pulcinella, ma oggi quello che sapevamo da sempre è diventato una certezza scientifica: lo dimostrerebbe uno studio del noto istituto demoscopico londinese Gfk, tenuto segreto dai committenti che non hanno gradito i risultati. L'industria del cinema avrebbe voluto gridare al disastro, dimostrare quanto i pericolosissimi delinquenti che scaricano i loro film li abbiano pressoché gettati sul lastrico, ma - ironia della sorte - è venuto fuori l'esatto contrario, e cioè che "gli utenti usavano il sito perlopiù per avere un’anteprima del film, che poi avrebbero acquistato o visto al cinema". La rivelazione la dobbiamo al sito tedesco Telepolise non ci stupisce per nulla: è da tempo che diciamo che l'ebook ha bisogno di piratiL’appetito vien mangiando, e se uno si abboffa copiando, tanto di guadagnato: avremo un cliente in meno, ma un lettore in più, scrivevo in tempi non sospetti.
I miei libri non hanno DRM, chi vuole copiarseli e piratarseli padronissimo di farlo. Noi che amiamo Salgari, tifiamo da sempre per i pirati.
Sperando che capitan Barbanera dopo aver salvato musica e il cinema faccia del bene anche agli ebook.

venerdì 22 luglio 2011

Che strano leggere un Urania col telefonino!

Complice lo sciopero della metro, sono su un lentissimo autobus che arranca verso il centro di Milano.
 Ho anche dimenticato a casa l' ipad, così questo post lo sto scrivendo  con un modestissimo cellulare Android.
E per rendere il viaggio meno noioso, sul telefonino sto leggendo un vecchio Urania, "la lunga morte del colonnello Porter".
La voglia di rileggere l'allucinante  vicenda dell'ufficiale divorato vivo dall'interno dalle larve aliene mi è venuta postandone la copertina in una discussiome sul governo: il titolo ben si prestava a rappresentare l'agonia dell'esecutivo scilipoti-berlusconi.
Sono dunque incappato in un file pdf che qualche volenteroso pirata aveva ricavato dal romanzo. Ho scaricato da Internet la scansione della copertina e con Calibre in pochi minuti ho ottenuto il mio Urania ebook personale.
Una operazione di dubbia legalità, ma a mia parziale discolpa posso dire che a suo tempo l 'Urania l'avevo comperato, non me ne perdevo uno, quindi l'obolo al diritto d'autore quando ho potuto l'ho versato.
Fa davvero impressione leggere space opera su un ebook da taschino; ti sembra di leggere proprio come leggerebbe il protagonista sel romanzo. Anzi,ti sembra di essere tu il protagonista che legge la sua storia sul comunicatore della sua astronave.
Persino una storia un po' scombinata come quella del colonnello Porter prende tutto un altro gusto.
Se poi si interrompe la lettura per condividerla nel cyberspace, altro che Matrix: rileggere un vecchio Urania da guerra fredda diventa una esperienza cyberpunk. Praticamente, caschiamo dentro al libro.

Ora però proverò con uno dove il protagonista fa una fine meno orrenda, mi sento prudere tutte le budella, saran mica le larve dei Testarossa? :D

martedì 12 luglio 2011

Quanto vale il terzo posto in classifica? Una pizza e una birra.

Ormai è da molto tempo che una mia raccolta di racconti, "Spiriti d'aria e d'acqua", è stabile al terzo posto tra gli ebook di narrativa più venduti dallo store di Telecom Italia, Biblet (http://www.biblet.it/).

Chissà quanto sarai diventato ricco, vi chiederete.

In realtà, di ebook in Italia se ne vendono davvero pochi: dal negozio Telecom sono state scaricate poco più di cento copie, e in tutto ne ho vendute ad oggi 172 copie; che con un prezzo di copertina di un euro, l'iva al 20%, e il 20% di royalties, fanno poco meno di 30 euro che un giorno o l'altro l'editore Delos dovrà versarmi. Non vedo l'ora di trasformare questo principesco credito in una pizza e una birra.

Però la soddisfazione di essere dietro a Ken Follet, ma ben davanti a Giordano e Saviano, non ha prezzo :)

In sei mesi ci giochiamo il Gran Paradiso

Quanti sono i libri nel mondo?

Nel mondo ci sono 129,864,880 titoli pubblicati sotto forma di libro, secondo Google Books. 
Poco meno di 130 milioni, insomma.
Ogni anno se ne aggiunge un altro milione,  dice l'Unesco (http://www.worldometers.info/books/).
In Italia, gli editori ogni anno sfornano 35.236 titoli, a conferma del fatto che ci son molti più libri che lettori; in Niger se ne stampano solo 5, che probabilmente bastano e avanzano.

Per stampare questo oceano di carta, nei soli Stati Uniti servono 30 milioni di alberi. Visto che negli Usa si stampano 170 mila titoli all'anno, ne consegue che per stampare tutti i libri del mondo servono 175 milioni di alberi. 



Da un recente censimento degli boschi italiani, sappiamo che da noi in un ettaro di bosco ci sono 1360 alberi.
Quindi ogni anno nel mondo tagliamo 130 mila ettari di foreste solo per leggere. 
Ogni sei mesi, se ne va in libri l'estensione del Gran Paradiso.

L'industria editoriale si rende conto che così non si può andare avanti, e vara progetti come Green Press Initiative, che raccoglie ormai il 60% degli editori americani e cerca di limitare i danni ripiantando alcuni degli alberi che ogni anno vengono sacrificati per far libri.

Una modesta proposta: invece che affannarsi a tagliare e ripiantare, non sarebbe meglio per tutti chiudere il libro e accendere l'ebook?




martedì 5 luglio 2011

Sony S2, ci leggo l'ebook e lo chiudo come un libro

I
(postato in diretta dalla conferenza stampa)
In pompa magna, con un cocktail in un bar fighetto del centro, in un ambiente il più simile possibile al palazzo del Sultano, Sony lancia due tablet Android, s1 e s2: uno (s2) pieghevole con due monitor da 5 pollici da chiudere e mettere in tasca, e uno (s1) più tradizionale con schermo da 9 pollici. Con una certa fretta il colosso giapponese presenta a Luglio due macchine che arriveranno sul mercato solo a settembre, prima ancora di sapere cosa ci metterà dentro (le caratteristiche tecniche sono ancora top secret, nel senso che manco loro sanno cosa ci metteranno e a che prezzo lo venderano). Ma si sa che il mondo digitale non dorme mai, e a Sony fa gola un mercato che a livello globale ritiene che varrà 49 milioni di pezzi nei prossimi anni.


Più che ai libri, Sony punta agli utenti della sua playstation, e a loro strizza l'occhio con le nuove macchine, che non a caso si fregieranno del logo "Playstation Certified". E più che alla mobilità per la strada, guarda a quel che succede dentro casa, grazie alle funzioni che permettono di vedere sul tablet i contenuti multimediali della rete domestica.
Il che non è per niente un male, anzi; un lettore di ebook più è divertente e meglio è, meglio una macchina che sa giocare e divertire di una che sa leggere e basta; altrimenti si rischia di pensare che i libri siano noiosi, pure quelli digitali. E a rendere pallosa la lettura ci pensa già la scuola, mica vorremo lo stesso destino anche per gli ebook, vero?

Riuscire a dire qualcosa di nuovo nel campo dei tablet Android non è facile. Sony ci prova alleggerendo le macchine al massimo (proprio nel senso del peso) e giocando sull' ergonomia: la forma a cuneo per s1, quella pieghevole per s2, in Sony giurano che stancano meno e divertono di più. Staremo a vedere quando i tablet saranno arrivati per davvero e potremo giocarci sul serio.

Dal punto di vista della lettura di libri, una cosa particolarmente interessante del tablet pieghevole s2 è che quando si legge il libro in verticale, si vede su doppia pagina, cioè una pagina per ogni schermo, proprio come un libro (tascabile) di carta. Una cosa divertentissima, una sciccheria che dobbiamo assolutamente sfoggiare in metropolitana per far sentire preistorici quelli che leggono sul kindle.

DRM, servizio di tintoria a domicilio

Ieri sera volevo leggermi un bel libro a letto. 

Col tempo ho sviluppato una tremenda allergia alla carta. Appena la tocco, mi vengono alla mente terribili immagini di foreste abbattute, file di tir che eruttando gasolio semicombusto arrancano sulle autostrade portando i candidi rulli sbiancati con possenti chimiche che vengono vomitate nei fiumi e nei mari. Insomma, rabbrividisco e poso subito il perniciosissimo e immondo materiale.

Quindi mi son detto: pigliamoci un bell'ebook e ce lo leggiamo sull'ipad.
Semplice, facile, lineare, geniale.

MA alla snobbissima Mela dell'Italia non frega nulla, quindi l'ibookstore da noi non esiste, sennò era un secondo: piglia-clicca-leggi.

DUNQUE devo andare su una delle solite librerie online. Un mini calvario fatto di registrazioni e rotture di scatole, col primo tentativo - Biblet - che si infrange prima ancora di partire contro il fatto che non hanno la mia carta di credito (bravi aquilotti, volete fare iun negozio nazionale, fate pubblicità in ogni dove e poi manco vi attrezzate con l'american express o almeno payPal?)

Secondo tentativo, Ibs. Questi sono più sottilmente canaglie: dicono che hanno la mia carta di credito, mi fan fare tutto il giro della registrazione e poi saltano fuori candidamente con "Questa carta non può essere usata per acquistare MP3".
E vagli a spiegare che un libro non è un MP3, come si fa a discutere con un server?
Fanculo pure a Ibs, via anche lui dalla lista dei preferiti, vai con BOL. Ma che strano, una libreria nazionale che ha tutte le carte di uso comune in questa parte di universo, e pure paypal! Ma che siamo, in America?

Solita stucchevole  trafila nomecognome, StatoUsa da scegliere dal menù sueggiù, sei maschio femmina non so, indirizzo per la spedizione (spedizione decché non lo saprò mai), evvai finalmente... il sole è tramontato da un pezzo quando dalle stelle scende pian piano il mio libro. Ormai è più ora di dormire che di leggere, ma almeno un capitolo me lo voglio sciroppare, eccheccavolo, è una questione di principio.  

Attacco l'ipad al piccì, mando a nanna con un colpo di mouse l'invadente quanto inutile itunes che, come quei cani da guardia scemi dietro i cancelli delle villette degli industrialotti, salta per aria abbaiando non appena l'iPad entra nel suo territorio, e uso la potentissima Aieesoft Ebook Transfer per caricare il nuovo libro sull'ipad.

-Ma insomma, è tardissimo, vieni a letto? è un'ora che traffichi con quel coso, a quest'ora in libreria te ne compravi dieci- sento sbuffare dal talamo nuziale.
-Vengo subito tesoro, questione di pochi secondi- e giù il ditone sul bottone del topo.
Nella quiete della notte fonda, nella gelida stanza scaldata a malapena dal ciocco che si consuma in cenere nel camino, sento distintamente una flebile pernacchia.

-Chi osa spernacchiare?- tuono accigliato, mentre il trasferitore di aiseesoft se la ride elettricamente -Oh povero grullo, te  ti sei dimenticato del dierremme!- mi sbertuccia il software, al quale i suoi artefici cinesi hanno evidentemente  messo un file messaggi in italiano che è stato troppo a lungo a sciacquarsi in Arno.

-Il dierreché?- chiedo, sinceramente perplesso.
-Il dierreemme, il Digital Right Manager- fa quello con irritante vocina da saputello.
-E che vorrdì?- ribatto perplesso, mentre la pendola dà due lugubri rintocchi.
-Vordì che te la sei pigliata nel culo- fa la vocina, con una che di voluttuoso nella voce, e continua: -Vordì che il file è protetto-
-Ma ti sei bevuta il cervellino elettronico? Il libro è mio, l'ho comprato!- dico, sinceramente sconcertato. Clicco sulla fattura di Bol per dimostrare che c'ho ragione io, eccheccazzo. -Lo vedi, stronzetto? sei euro e novantanove, è mio, me lo leggo ndoccazzo me pare a me! Piantala di boicottare, che è tardissimo, sbattilo sull'Ipad e finiscila di dire scemenze se non vuoi che ti disinstallo-.
-Ma che tuo e tuo, col Drm non è tuo un accidente- ridacchia elettricamente la vocetta. -Lo vedi che sei scemo? se mi davi retta, il mio amico mulo, che ha l'icona proprio vicino alla mia, in un batterd'occhio, te lo portava bello sano e tutto tuo, senza spendere un centesimo. Ma tu no, tu hai voluto fare il ganassa, il super, l'alternativo del cazzo, così invece che scaricartelo aggratis come fanno tutti l'hai voluto pagare per forza? Bravoscemo, e mo ti sei beccato il dierreemme e  corcazzo che te lo trasferisco. Se vuoi leggerlo ti porti a letto il piccì, con tanto di monitor a tubo catodico da sei chili, la ciabatta elettrica, il case, le casse dei videogiochi, la stampante, lo scanner... se a quest'ora della notte trovi una prolunga abbastanza lunga, naturalmente-.
-Oh Vocina, vocina stronza, t'è girata la patonza?- declamo, con la stanchezza che ormai mi fa sragionare. -Per adesso fo che stamparlo in pidieffe, me lo leggo così. E poi domattina quando canta il gallo trovo una soluzione elegante-.
-Lo vedi che sei grullo?- fa il grillo parlante elettrico. -E te tu come lo stampi, che il dierreemme nun te lo fa manco stampà? Te conviene leggertelo qua, suil piccì fisso, con questo bel monitor dell'età della pietra che manda più radiazioni del reattore sette di Chernobil-.

-E io il dierreemme lo tolgo a calci!- tuono.
-Seee, dai che son le tre di notte- ribatte la vocina. - Pigliatelo col mulo, pescatelo nel torrente, in dieci minuti lo tiri giù, io te lo trasferisco più che volentieri e ce ne andiamo a dormire-.
Frenetico pistar di tasti, trovo le soluzioni più assurde... come quella che comincia con le fatidiche parole: "Togliere il DRM è facile seguendo queste semplici procedure... scaricati lo script Python, eppoi naturalmente Python, poi installi Python e gli dai in input lo script nel flusso dati, come debugger ti consigliamo Strapython-... inorridito da tutti quei pitoni che vogliono fare chissà quale magia nera sul mio povero piccì fuggo. Quando la pendola scocca il terzo rintocco fialmente trovo uno spulciatore canadese di drm, che per la "modica" cifra di 30 dollari canadesi (venti euro) mi risciacquerà via tutta quella merda di drm dalla biblioteca. 

La vocina riprende la solfa del mulo, ma io sono una persona corretta e non rubo il lavoro degli altri, che sian scrittori o ragazzini brufolosi sempre appiccicati al piccì, quindi mando i dollari canadesi al tipo con payPal (aoh, ma se pure uno sveglio ragazzino mezzo hacker e mezzo pirata ha paypal, perché Telecom manco sa che esiste?) e in breve swap, lavaggio e risciacqui, il DRM non c'è più :-)

Stavolta la vocina non ha altro da dire, piglia il file e in una decina di secondi lo trasferisce nell'Ipad. 

Stravolto dalla stanchezza arrivo a letto mentre la pendola batte il quarto rintocco. Con la forza della disperazione leggo la prima pagina, ormai è una questione di principio. 

Il libro fa schifo. meno male, posso dormire senza rimpianti.

Chiudo l'iPad.

Durante tutta la notte medito tremenda vendetta: ma vi pare logico che io debba spendere 20 euro per poter leggere il libro che ho comprato, mentre se lo rubavo non avrei avuto nessun problema?

Possibile che Mondadori e ii resto dell'editoria italiana non si rendono conto che con questa idiozia del DRM stanno ammazzando nella culla il mercato degli ebook? Forse è meglio così, gireranno solo quelli pirata, che fanno perdere meno tempo e funzionano meglio.

Ma per intanto, secondo te cosa dovrei fare?

A. Butto il file sprotetto sul mulo e nel torrente, così chi dovesse finire nel mio stesso guaio se lo trova gratis e pulito?

B. Mando a Mondadori la fattura del ragazzino hacker canadese, che provvedano a rimborsarmi i soldi spesi per ripulire il loro prodotto fallato dal Drm?

C. Boicotto Mondadori e i loro libri da oggi in poi li prendo solo ed esclusivamente pirata?

Nel frattempo, visto che il software ormai l'ho pagato, offro a tutti gratis un sevizio di tintoria DRM: voi mi mandate per email il vostro epub insozzato dal drm e io ve lo rimando disinfettato e fresco di bucato; come pagamento mi tengo una copia del vostro libro

Il mio amico idraulico: come pubblicare libri e sturare cessi

Questo testo l'avevo scritto dieci anni fa per Il rifugio degli esordienti, e continuiano a rinfacciarmelo. Così lo posto pure su facebook, tié :-D

C'è un mio amico che fa l'idraulico. È piuttosto bravo, un vero maestro della giratubi da otto... Per il resto è un simpaticone punk che vive a El Paso, la versione subalpina del più famoso Leoncavallo di Milano.
E' un idraulico serio, lui. Di quelli che mettono i bigliettini nelle buche delle lettere condominiali. Un vero mago nell'arruffianarsi le vecchie signore, col berrettino da Supermariobros calcato sul cranio per non sconcertare l'attempata befana di turno con il suo spettacolare taglio verdeacqua. La dolce ragazza di ieri ha sicuramente una cognata, una zia, una nipote col cesso rotto, e sarà lieta di presentare l'aitante giovanotto dal sorriso smagliante e la parlantina sciolta perché rovisti nella sacra Tazza alla ricerca dell'ingorgo.
Il mio amico si è anche messo sulle pagine gialle. Ha un'amica carina che risponde al telefono, tutta tette e sorrisi. Il mio amico lascia i biglietti da visita al bar. Il mio amico si è dipinto il numero di telefono sul Fiorino.

Il mio amico sarebbe un grande scrittore.

Cosa possiamo imparare da Kafka, Morselli, Svevo e Musil?
Niente, almeno per quel che riguarda i rapporti col mondo dell'editoria.

Cosa possiamo imparare dal mio amico idraulico?
A farci furbi e a non farci prendere per il culo.

Il mio amico idraulico non sarebbe mai così fesso da pensare che, visto che lui è un dio dello sciacquone, il piccolo mondo condominiale non aspetti che Lui. Lo sa benissimo che girar di chiave inglese è solo una parte, importante ma non principale, di quell'affascinante e difficile arte che è l'idraulica. Sa anche benissimo che in giro ci sono piombatori meno bravi ma più ricchi di lui: perché son più furbi, non c'è che fare. Magari si fanno vedere alle riunioni della cassa artigiana, e chiacchierando tra un panino e l'altro nascono alleanze. Magari hanno un accordo con l'elettricista, o con il piastrellista. Conoscono tutti gli amministratori di condominio del circondario e a Natale gli mandano il panettone.

Conoscono il loro ambiente, e ci girano sornioni come grassi gattoni d'appartamento: morbidi e affabili, ma vigili e astuti. Rassicuranti e domestici, ma nel cuore felini tutti unghie e denti. Mica aspettano la manna dal cielo.
Sono professionisti.

La triste storia di Kafka, ovvero Fantozzi colpisce ancora.
Franz Kafka ha scritto storie bellissime. Il suo universo immaginario era dominato dall'inferno della burocrazia, descritta con un senso del grottesco e una sottile ironia, degni di un vero gigante della letteratura.
L'universo di Kafka non si discostava poi molto da quello di Paolo Villaggio.
Ma la classe di Franz, senza nulla voler togliere a Paolo, era veramente smisurata. Eppure Franz non riuscì a pubblicare quasi niente, se non su una misconosciuta rivista letteraria ungherese. Perché? Boh?
Franz lavorò per tutta la vita in un ufficio pubblico, a mettere timbri sulle carte bollate. E ci viveva di questo lavoro, probabilmente in modo dignitoso.
Però io mi chiedo: possibile che mettere timbri sia più redditizio di scrivere Metamorfosi?

Il mio amico idraulico fa l'idraulico.
Prima faceva le consegne col mototaxi.
C'è stato un periodo in cui guadagnava più col vespino che con il sifone. Ma voleva fare l'idraulico.
Per un po' di tempo è stato un pony express con l'hobby dell'idraulica. Ma credeva in sé stesso e nelle sue capacità. Si è fatto conoscere, prima nel caseggiato, poi nel quartiere. Coi primi guadagni si è fatto il Fiorino.
Cosa possiamo imparare da Kafka? A mettere i timbri sulle carte bollate.
Cosa possiamo imparare dal mio amico idraulico? A essere progettuali e propositivi sulla nostra scrittura. A pubblicare su una rivistina ungherese son capaci tutti. Per fare un salto di qualità, bisogna investire tempo e risorse per farsi conoscere. Il nostro è un mestiere con cui si può vivere solo se si è noti, almeno nel proprio ambiente. Scrivere racconti è un bell'hobby, ma se si vuole qualcosa di più bisogna saper proporre progetti editoriali: raccolte di racconti, antologie, romanzi, trilogie, saghe… Sapersi presentare a un editore o a un agente letterario coi racconti già editi sulla rivista ungherese ed in mente un bel progetto di romanzo è già un punto di partenza.
Ma forse Franz era contento così. A lui piacevano i timbri.

La triste storia di Morselli, ovvero Ma Io Che Cazzo Scrivo?
Guido Morselli è uno dei miei autori preferiti. Il suo romanzo più bello a mio parere è Contro-passato prossimo, pubblicato da Adelphi. Ho un enorme debito di riconoscenza verso Morselli: è stato lui che mi ha ispirato I Biplani di D'Annunzio, il romanzo con cui ho vinto il premio Urania nel '95 ed ho venduto oltre 35.000 esemplari, che in Italia sono davvero un mucchio di copie. Ora i biplani sono pubblicati anche in Francia.
I Biplani di D'Annunzio è un romanzo abbastanza buono, forse merita un 6+.
Contro-passato prossimo invece è un capolavoro.
Ma I Biplani è stato pubblicato un paio di mesi dopo che ho finito di scriverlo.
Contro-passato prossimo è uscito solo parecchio tempo dopo che l'autore era tragicamente scomparso (non voglio pensare che Guido si sia ucciso perché non riusciva a pubblicare i suoi meravigliosi romanzi, sarebbe troppo triste). Guido era un artista vero, uno dei più grandi del nostro Novecento.
Scriveva ottima fantascienza.
Ma forse non lo sapeva. Il suo genere era l'Ucronia, cioè romanzi in cui uno si fa domande del tipo:
  "...E se l'Austria avesse vinto la Grande Guerra?" (Morselli e il sottoscritto).
  "...E se Roma fosse senza Papa?" (Morselli).
  "...E se Garibaldi avesse combattuto a Gettysburg?" (P. Prosperi, edito da Editrice Nord).
  "...E se i nazisti avessero trionfato?" (P. K. Dick, La Svastica sul Sole, uno dei massimi della fantascienza mondiale).

Morselli era bravo, molto bravo. Ma la fantascienza è una bestia nera da pubblicare: ci sono pochi editori che hanno delle collane specializzate. E ci sono anche pochi lettori, ma questo è il problema minore. L'importante è rompere il ghiaccio, uscire col primo romanzo, poi si vedrà. Evangelisti, il massimo autore della fantascienza italiana, è uno scrittore professionista stimato in tutta Europa. Ha vinto premi prestigiosi, vive della sua arte (un privilegio concesso a pochi), è stimato. Guido, concedimi una piccola ucronia:
  "...E se tu avessi contattato Urania, o gli editor delle collane della Editrice Nord?"

Il mio amico idraulico ha sempre saputo di essere un idraulico, non ha mai pensato di essere un elettricista.

Cosa possiamo imparare da Morselli? Niente.
Cosa possiamo imparare dal mio amico idraulico? A capire che cosa siamo. Se scriviamo gialli, presentiamoli al premio Tedeschini. Se il nostro genere sono le storie per i ragazzi, seguiamo il premio Calvino. Io ho proposto, tanto per provare, il mio nuovo romanzo di fantascienza a un grande editore italiano. Forse non volevo davvero fare le corna alla Mondadori, magari volevo solo vedere che cosa succedeva... O forse volevo davvero provare a cambiare, non ha importanza. L'editor di quella casa editrice conosceva il mio libro precedente, e quindi con grande disponibilità ha accettato di leggerlo. E poi me l'ha rispedito indietro, perché quella casa editrice non ha collane di fantascienza. Non avrebbero saputo che farsene.

Le tristi storie di Svevo e Musil, ovvero: ragazzi, se siete così pigri pigliatevi un agente letterario, cazzo!
Tutti i romanzi di Svevo (SenilitàUna vitaLa coscienza di Zeno) sono considerati, chissà perché, un buon esempio di letteratura italiana. A me non piacciono, ma naturalmente è un parere personale. Del mio stesso parere era l'editore Treves, uno dei massimi editori del periodo in cui i romanzi sono stati scritti, che rispedì al mittente i manoscritti.
Questo bastò a spingere il nostro a rivolgersi a pagamento ad un piccolissimo editore (l'editore triestino Vram). Una vita sarà pubblicato nel 1892 da tale editore in mille esemplari, a totali spese dell'autore.
E provare a guardare al di là del proprio naso? Il mondo mica finisce con la Venezia Giulia! Pubblicate le creature a sue spese, Svevo attese la manna dal cielo: si aspettava che la critica letteraria gridasse al miracolo e lo trascinasse agli altari della notorietà letteraria. E naturalmente rimase in attesa, senza fare assolutamente nulla perché ciò accadesse.
Ovviamente i critici avevano ben altro da fare che scartabellare tra i cartami della Vram, così nulla accadde. Anche La coscienza di Zeno venne rifiutata da Treves, e il nostro se ne lagnò con Joyce, che era amico suo. L'altro gli rispose: "...Perché si dispera? Deve sapere che è di gran lunga il suo miglior libro. Quanto alla critica italiana non so. Ma faccia mandare degli esemplari a stampa a M. Valery Larbaud, M. Benjamin Cremieux, Mr.T.S.Eliot, Mr. F.M. Ford".
Visto come si fa? Chi se ne frega se Treves non lo vuole? Cazzo, amico, ma prenditi un agente letterario! Meno male, per Svevo, che Joyce sapeva come si fa a fare lo scrittore, sennò chissà quanto si sarebbe lagnato ancora Svevo. La colpa era naturalmente sua, solo ed esclusivamente sua.
Il mio amico idraulico mica sta a piagnucolare se la vicina di sotto si fa riparare il bidet da un altro! Lui ragiona in termini cittadini, e sta cominciando ad allargarsi a livello regionale. Ah, a proposito: uno scrittore che non viva solo d'aria e d'amore, è meglio che cominci a ragionare almeno in termini europei. Va bene cominciare dall'editore sotto casa, ma può benissimo darsi che la prima occasione di pubblicazione sia più lontano di quello che immaginiamo... Conosco (giuro che è vero!) uno scrittore di fantascienza genovese che ha pubblicato i suoi romanzi solo in Bulgaria! (...ecco, però non gli ho chiesto quanto gli danno di diritti d'autore, in verità).

Quanto a Musil, pubblicò il primo volume di "L'uomo senza qualità" nel 1931 da Rowohlt, ed il secondo volume nel 1933.
Morì nel '42 poverissimo e completamente sconosciuto. Nel '49 due coniugi inglesi, Wilkins-Kaiser, pubblicarono, anonimo, un articolo sul "Times Literary Supplement" proclamando che quest'uomo, completamente dimenticato, era uno dei massimi scrittori del Novecento. Non so se avessero ragione i Wilkins-Kaiser ad incensarlo o i suoi contemporanei a snobbarlo, ma quel che è certo è che Musil aveva un ufficio stampa che faceva schifo e un agente letterario incompetente.

E quindi?
In conclusione, è troppo facile per gli scrittori prendersela con gli editori e con i critici. Sembrano i salumieri che se la prendono col governo per le tasse.
Gli editori fanno il loro mestiere, che è abbastanza un casino. Possono pubblicare bei libri che vendono. Oppure brutti libri che vendono. Oppure bei libri che non vendono. Non possono pubblicare brutti libri che non vendono. Non spetta a loro coccolare e incoraggiare gli autori in crisi mistica. Se uno vuole attenzione da parte degli editori, se la deve conquistare sul campo. Vincendo un premio letterario, per esempio. Oppure pubblicando racconti e saggi su riviste fino a farsi conoscere nell'ambiente. O come diavolo gli pare, purché si muova un po'. La quantità di fuffa che arriva alle grandi case editrici è impressionante. È ovvio che non possono leggere tutto. Devono fare una preselezione per isolare quello che potenzialmente può essere interessante, e soprattutto utile e in linea con i progetti culturali e industriali della casa editrice.
Siamo noi autori a dovere aiutarli, dandogli gli strumenti per farsi un'idea chiara di che cosa stiamo proponendogli. Identificando la collana giusta, per prima cosa. Una collana che dovremo conoscere bene, dovremmo aver letto tutto quello che ha pubblicato negli ultimi tempi. E poi facendo delle sinossi intriganti e brevi dei nostri lavori, magari con immagini e brani di dialogo, ben impaginate e piacevoli, che potremo anche pubblicare su Internet. Se volete ispirarvi, le mie sinossi sono sulla mia home page, all'indirizzo: http://www.masali.com/

Per quanto riguarda i critici, il discorso è proprio lo stesso. Sembra che alcuni autori pensino che la critica letteraria sia una specie di servizio sociale di supporto psicoanalitico al romanziere in crisi. Ma chi l'ha detto? Chi cazzo l'ha detto, che i critici debbano essere una specie di cani da tartufi intellettuali, col naso a terra per trovare il prezioso tubero sotto il letame? Il loro mestiere è analizzare i libri che la gente legge, non si capisce perché dovrebbero fare un cattivo servizio ai loro lettori andando a pescare chissà che roba pubblicata al piccolo editore misconosciuto in 500 copie.
Quando uscirono I biplani di D'Annunzio, non rimasi certo ad aspettare l'ufficio stampa Mondadori: non sono così ingenuo da pensare che il colosso di Segrate si sarebbe mosso per me. Così ho preparato un pacco per i giornalisti contenenti le sinossi, una copia del libro, un articolino già scritto in formato Word per fare il copia-e-incolla, i file della copertina del libro in formato TIF, a 300 punti per pollice, in modo che fosse già pronto per la pubblicazione e le fotocopie delle recensioni già uscite. Ho fatto una letterina d'accompagnamento un po' spiritosa e ho inviato il tutto a tutte le redazioni possibili e immaginabili, cercando però di non rompere i maroni a chi ci lavora. Chi ha mai frequentato una redazione sa bene che razza di casino sia il lavoro del redattore. Trovarsi la pappa fatta, le immagini già a posto, e un pizzico di ruffianaggine ha fatto miracoli: il mio romanzo è stato recensito da decine e decine di riviste. Una massa critica che ha fatto sì che del mio lavoro si interessassero anche i grandi quotidiani e le riviste di critica letteraria. Ho fatto un ottimo lavoro, tutto sommato. Grazie agli insegnamenti del mio amico idraulico, naturalmente: lui quando non ha clienti se li va a cercare, non aspetta la manna dal cielo. Un lavoro che mi è costato soldi e fatica, ma ne è valsa la pena.
Come disse Kim a proposito del mestiere del mendicante
"Chi in silenzio chiede, in silenzio muore".

Un novello Adamo tentato dalla Mela

Il Primo Mistero Doloroso: ok, dai, è deciso!

È da un po’ che voglio un lettore di ebook strafigo. Io sono un lettore vorace e crapulone. Non sono certo un fine buongustaio, uno di quelli che prima di comprare un libro lo aprono per saggiarne la prosa e assicurarsi che soddisfi il loro nobile palato.
Sono piuttosto un felice Gargantua che ruttando si ingozza di caviale con patate lesse, pernici in sarcofàge con rape e marmellata, pasta e fagioli coi tartufi, anatra all’arancio con la maionese, poi  innaffia tutto di coca cola light.

Schermo da cinema o schermo da libro?
Nulla mi frega dei saggi avvisi dei fini conoscitori dell’e-mondo, che mi dicono “attento, ci vuole il rigore francescano dei monitor in bianco e nero con l’inchiostro intelligente! Lettori ultraleggeri,  uguali in tutto e per tutto alla pagina stampata. Stai alla larga dai volgari cristalli liquidi retroilluminati, rutilanti di colori ed effetti speciali,  che stancano la vista e non hanno per nulla l’aspetto della carta”.
“E che mi frega se stancano la vista” mi rispondo mentalmente mentre sorridendo ringrazio con sussiego il colto amico dell’utile consiglio, “io per lo più leggo in metropolitana e nel cesso, che sono gli ultimi momenti liberi che mi restano; per stancarmi la vista, delle due l’una: o sono nel metrò, è crollata la galleria e la Tre è rimasta bloccata sottoterra tipo minatori cileni, oppure sono nel cesso e… no, non voglio neanche pensarci alla seconda possibilità. Quanto alla carta, ne vedo già abbastanza sulle bollette, le raccolte di soldi per i poveri di Cacatuma, le multe e le cartelle esattoriali: ormai solo i rompiscatole usano la posta col francobollo e la dannata carta”.
Rinfrancato dalla finezza delle mie considerazioni, mi accingo dunque a comperare il più chiassoso, pacchiano e fighetto aggeggio per leggere libri che si possa desiderare.

Un buon candidato indubbiamente è l’Ipad della mela. Che nel suo lezioso design ultraminimal  riesce a sembrare elegante, anche se si vede benissimo che è solo un iPhone che quando è caduto sotto lo schiacciasassi si è allargato e gli si è scassata la parte voce del telefono.
In metropolitana però fa la sua porca figura. Ti fa sembrare un sedicenne brufoloso  un po’ nerd e un po’ tekno, finché non ci si accorge che invece che raccattare zucchine alla velocità del suono su effebì stai (ouch!) leggendo un libro.

Il guaio è che io e la Mela non siamo mai andati d’accordo.
Io sono grosso, grezzo e ridanciano. Quelli fanno robetta leggera, cinguettante e minimale.
Una volta, in un ristorante sul lago di Como, la mia amica Angiola mi disse con aria sognante che “il pesce di lago è così delicato”. Ecco, a me più che delicato mi sembra che non sa di un accidente. E non solo il pesce di lago, intendo.
Le mie esperienze con la Mela sono poche e dolorose. L’unica volta che mi ero fatto tentare, come un Adamo fesso che non ha nemmeno la scusa di un’ Eva nuda e seducente che gli offre il frutto avvelenato, risale a più di dieci anni fa; all’epoca convinsi la mia cara amica Angelina a comperare uno dei primi i-mac, quelli colorati col tubo catodico… Oggi Angelina è mia moglie, segno che mi ha perdonato. Ma io non posso perdonare l’incubo di quella macchina inaffidabile, instabile, troppo scarsa di memoria, di processore, di hard disk per fare qualsiasi cosa che non fosse pigliare polvere e suscitare una furia omicida nel malcapitato che la doveva usare.
Si impone un giro per trovare un’alternativa. A leggere su Internet pare che ci sia un’intera legione di “alternative all’iPad”. Occhei, tutto ma un’altra mela no, vuoi vedere che trovo la macchina dei miei sogni senza che il torsolo mi vada di traverso?

La tua anima mi appartiene
Pieno di baldanza vado alla Fnac di via Torino. Che ha una bella fila di Ipad in prova, celata dietro a una barriera di adolescenti, brufolosi e occhialuti, in adorazione alla Sacra Tavola. I corpi puzzolenti di sudore ed eccitazione dei giovinastri rendono molto difficile l’accesso, ma con (molta) pazienza lo riesco a prendere in mano il Venerabile Coso. Sarà suggestione, ma per un attimo mi è sembrato che sulla barra in alto apparissero due occhietti rossi, malvagi e sardonici. Vinco il disgusto e passo l’indice sullo schermo, talmente pieno di grasso di ditate dei nerd che ci si potrebbe friggere una trota. Le foto di un altro scorrono tra le mie dita, mi sembra di essere Tom Cruise in Minority Report. Ma dopo un po’ mi rompo le scatole di guardare foto di algide bellezze al bagno, in succinti bikini su paradisi tropicali; cerco disperatamente una via d’uscita dalla schermata, ma niente, sono prigioniero dei corpi perfetti delle statuarie fanciulle imperlate d’acqua salata che mi sorridono con professionale distacco.  Arrivo a scuotere la tavola come se fosse una maracas, e inorridito il nerd più vicino sibila: “Ma che fa, signore? Il pulsante!”
Con le orecchie paonazze, finalmente capisco cos’è l’unico bottone della tavoletta: io ingenuo pensavo fosse l’interruttore per accenderlo, invece pensa te, è il tasto per uscire dalle applicazioni.
Seguito dalle occhiate cariche di malcelato disprezzo dei teknoboys, abbandono la postazione e con un brivido di piacere perverso chiedo al responsabile dell’area Mac della Fnac, un giovanotto che sembra esserci nato, in quella maglia nera con la mela, dov’è il Galaxy Tab di Samsung.
Quello sorride come uno che la sa lunga, e mi dice: “Ah certo, lo deve proprio vedere. È giusto qui nel corridoio centrale. Vada, va da a vederlo".
Mi giro impettito e il caldo, il caos, le lucine mi giocano brutti scherzi: giuro di averlo sentito sussurrare “Ci vediamo presto. La tua anima ormai mi appartiene”. O insomma, qualcosa di simile.

Non fa per te, papà.
La risposta coreana alla tavola americana troneggia al centro del corridoio.
Qui non ci sono orde di assatanati adoranti.
Qui non ci sono code da superare.
Qui non c’è nessuno.
Il monolite di Samsung fa girare un triste salvaschermo di una galassia multicolore, un giochino che fa tanto Vic 20 degli anni ‘80. Vorrei prenderlo in mano, se non altro per non darla vinta a quello là con la mela sulla maglietta. Ma mi basta un’occhiata al cartellino del prezzo (stratosferico) e una alle dimensioni dello schermo per capire che posso lasciarlo lì dov’è: è troppo piccolo per leggerci un libro, troppo grosso per telefonare, troppo caro per entrambe le cose. A qualcosa servirà, non dico di no. Ma quel qualcosa non serve a me.
Scosso dal primo contatto, chiedo aiuto agli amici di Facebook per trovare un’alternativa, o magari un antidoto, alla mela. Il panorama mi appare sconfortante: macchine strambe, di dubbia efficacia e di dubbissima reperibilità. Proposte strampalate come l’imperdibile pad con Android “che costa la metà dell’Apple”.
“Sì, ma non ha né il gps né il 3G”
“Certo, per quello che costa poco”. Aaah, ecco. Grazie assai.

Il dado è tratto. O quasi: prima di precipitare nel meloso girone, un fatidico sabato sera porto mio figlio Giacomino, 16 anni a gennaio, a toccare con mano l’aggeggio, per avere il conforto e la benedizione di un indigeno digitale.
Il sabato il caos dei nerd affastellati attorno al monolite del desiderio è semplicemente allucinante. Ma grazie al Cielo, con un po’ di spintoni e grazie all’aiuto di un immane tivù treddì che sposta un poco di folla al piano di sotto, riusciamo a mettere le mani sull’arnese. Ci lanciamo in una forsennata partita al videogioco del biliardino con i piattini. Momenti di pura adrenalina, che finiscono bruscamente quando il mio piattino si inchioda, chissà perché, sulla linea di centrocampo. Un solerte ragazzone con la maglietta della mela ci toglie dalle mani la macchina bloccata, per farla sparire dietro al bancone. Un segno del destino?
“Allora, che ne pensi?” chiedo a Giacomo, che ancora ha il fiato corto per l’eccitazione della battaglia a ditate.
Lui mi guarda con aria perplessa.
“Non fa per te, papà”.

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