martedì 11 settembre 2012

A che serve autopubblicare un ebook?


Leggevo questa affermazione su un interessante sito americano: "We continue to see a rise in the popularity and saleability of self-published authors, long sufferers of the antiquated myth that if you weren't published by a big publishing house you weren't really published at all".
Tradotto maccheronicamente, c'è scritto che gli autori che si autopubblicano riescono a vendere qualcosina, il che sfata il vecchio mito che se non ti pubblica una casa editrice non sarai pubblicato affatto. Le cose non stanno proprio così. L'autopubblicazione non è un contentino per chi non riesce a trovarsi un editore vero. L'autoproduzione  incide in modo molto più profondo, è semplicemente uno dei tanti segni di come sta cambiano il mondo sotto i nostri occhi.

Fino a ieri, le cose andavano più o meno così: l'autore scriveva una storia, provava a inviarla alle case editrici. Nessuno gli rispondeva, allora si faceva "presentare" dagli amici oppure vinceva un concorso letterario e le chance aumentavano. Oggi invece una madre di famiglia sconosciuta pubblica un ebook porno senza pretese,  immediatamente scocca quella strana scintilla di cui nessuno conosce il segreto, quella del successo; le vendite schizzano e tempo un mese si trova assediata da case editrici e cinematografiche e vende più libri di Harry Potter.

Oggi le professioni intellettuali si fanno così. Ogni tanto qualcuno mi chiede un consiglio per fare il giornalista, e la prima cosa che gli chiedo è l'indirizzo del suo blog, o per lo meno su quale testata online trovo i suoi articoli; se mi risponde imbarazzato, o non mi risponde affatto, il consiglio l'ha già capito: cambia mestiere. Non raccontiamoci balle, l'autoproduzione di un ebook non sostituisce affatto il lavoro di un editore "vero": gli editori in pratica offrono agli autori un marchio di qualità fondamentale soprattutto per gli ebook; oggi, martedì 11 settembre, sono andato a vedere i primi dieci bestseller di Amazon, e senza sorpresa ai primi nove posti ci trovo volumi pubblicati dai bei nomi dell'editoria di qualità italiana. Al decimo, la sorpresa: "Ti prego lasciato odiare" di Anna Premoli, che viene direttamente dall'autopubblicazione di Narcissus.

Se fossi un editore, invece di sperare di pescare il jolly pescando a casaccio qualche ciarpame nel cassetto del solito esordiente che non ha nulla da dire, proporrei un signor contratto alla sua autrice.
Gli americani fanno così, chissà se gli italiani saranno abbastanza  astuti da imitarli? In fondo sarebbe il sogno di qualsiasi editore, avere una chance di scoprire l'esordiente dalle uova d'oro senza rischiare nulla. Mal che vada l'edizione cartacea di un ebook che ha avuto la forza di entrare nei primi dieci titoli della più grande libreria online del mondo potrà non essere un bestseller, ma difficilmente sarà un flop. 

1 commento:

  1. Ottimo articolo, ma la traduzione e il significato della frase in inglese è "sfatare il mito che se ti sei auto-pubblicato in realtà non hai affatto pubblicato", intendendo dire che gli autori indie non sono considerati autori :)

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