1. Perché voglio un bel libro: Voi siete lettori veri e i libri li comprate in libreria. Ma le persone normali, quelle sane, quando hanno voglia di un libro se lo comprano al supermercato, all’autogrill, magari in edicola. Ok, l’edicola a volte sorprende, ti pigli un libriccino da 4 euro e 90 e magari scopri che l’ha scritto Evangelisti, o Quadruppani, o chissà chi. Al supermercato invece sorprese non ce ne sono mai. E libri nemmeno, a meno che per qualche bizzarro motivo sei interessato ai primi dieci bestseller. Con l’ebook, se sei in spiaggia e ti viene voglia di leggerti Kierkegaard in danese, o il vincitore dell’ultima edizione del Culatello Letterario, te lo scarichi e te lo leggi in santa pace.
2. Perché abbiamo bisogno di pirati: Piratare un libro è costoso, lungo e complicato: ci vuole una fotocopiatrice, un sacco di pazienza e viene pure uno schifo. Solo chi ama davvero un libro può sottoporsi a un simile supplizio. Eppure solo quelli della Bsa non hanno capito quanto la pirateria faccia bene, sia indispensabile alla cultura. All’inizio dell’informatica, un sacco di sfigate software house appiccicavano dongle, chiavette, scatolette e simili diavolerie ai loro software per impedire che glie li copiassero. Microsoft lasciava copiare in pace tutti quanti, nessuno che io conosca si è mai sognato di comperare Word. Oggi Microsoft è il padrone del mondo, mentre le software house delle chiavette per lo più son finite nello sciacuone della storia. Poi Microsoft si è persa, ha cominciato a seccarci coi suoi Drm, e Apple ha vinto la guerra della musica online togliendo dai piedi i cani da guardia digitali. Oggi la gente che legge è una rarità, bisogna invitare più gente possibile al banchetto delle parole, e lasciare che tutti assaggino in santa pace la tartina che gli piace, poi ne vorranno altre. L’appetito vien mangiando, e se uno si abboffa copiando, tanto di guadagnato: avremo un cliente in meno, ma un lettore in più. Certo, perché il gioco sia divertente i pirati vanno un pochino contrastati, ma senza esagerare, sennò si stufano e non giocano più con noi; a a guardie e ladri tutti noi siamo entusiasticamente pronti a buttarci nella squadra dei ladri, ma se nessun noiosone normativo vuol giocare a fare la guardia, ci si stufa subito.
3. Perché son stufo degli scrittori esordienti che se la menano che il loro editore non li capisce, che sono distribuiti talmente male che manco i topi rosicchiano i loro testi perché nemmeno i più affamati tra i roditori riescono a trovare lo scatolone dei loro libri ancora sigillato nella cantina dello stampatore, che pure la loro fidanzata che collabora gratis con una fanzine libresca sbaglia a scrivere il loro nome nella recensione. Con l’ebook, non c’è distributore, libraio, grossista che tenga: ognuno si sbatte da sé e da sé farà per tre, così non mi seccano via email a raccontarmi le loro pene editoriali, come se io potessi farci qualcosa.
4. Perché I libri sono pattume, pesano molto e fanno volume cantavano gli Skiantos. Veramente loro dicevano i libri di scuola, ma c’hanno ragione da vendere: i libri di carta sono pesanti, fragili, si bagnano se cerchi di leggerli nella vasca da bagno, si riempiono di ditate e orecchie. E poi tendono a colonizzare ogni angolo libero della casa, attirano la polvere e gli acari. Insomma, levatemeli dalle balle che ho un hard disk esterno da un terabyte, bello lucido che può contenere sedici volte la biblioteca di Babele, con pure Garcia Marquez a fare da bibliotecario. Anche se Garcia lo tengo solo perché è decorativo, non serve a niente perché tra gli ebook posso fare una ricerca tipo Google per ricordarmi come diavolo si chiamava quel libro che parla di un marinaio, che visse ventott’anni da solo in un’ isola deserta al largo delle coste dell’America, non lontano dalla foce dell’Orinoco , approdato sulla spiaggia in seguito ad un naufragio dov’erano periti tutti i marinai eccetto lui.
5. Perché l’ebook uccide i libri inutili: Ci sono due tipi di lettori per ebook: quelli che hanno uno schermo che sembra un foglio di carta e quelli che hanno uno schermo che pare quello del cinema. I primi, che sono per i lettori seri, quelli che c’hanno una certa età e quindi hanno bisogno di una macchina per leggere che sembri carta in tutto e per tutto, con un inchiostro superintelligente che si dispone da solo a fare le parole, rigorosamente in bianco e nero e senza luci trasmesse che affaticano la vista, una macchina austera nata per leggere che serve solo a leggere libri, che già con le foto di una rivista non ci siamo per niente. Io preferisco i secondi, tipo l’iPad della Mela, quelli che sembrano il cinema nel taschino, rutilanti, pieni di colori, di luci, di suoni, di filmatini giochi. Leggere un libro è fantastico su questi cosi… ma quando lo accendi per leggerti un bel libro, finisce che prima vai a vedere che fanno gli amici su Facebook, raccogli le zucchine su Farmville, leggi l’email, chatti con l’amica brasiliana in crisi sentimentale, ti guardi il filmino su Youtube di un tizio che incontra lo squalo bianco nei canali di Amsterdam, apri la repubblica per vedere chi ha vinto Canicattì-Pro Patria, guardi se il mulo ha finito di scaricare e… e insomma, il libro deve essere proprio fantastico per farti smettere tutto quanto e goderti la lettura. Non so se l’ebook sarà per davvero il futuro della lettura. Ma di sicuro sarà la tomba dei libri pallosi.
Ho comprato un ebook reader negli Stati Uniti ai tempi in cui un sito internet, ora probabilmente dimenticato, ne censiva settantuno in tutta Italia.
RispondiEliminaSono contento, contentissimo. Se dovesse rompersi correrei a comprarne subito un altro.
Un giorno, però, al mare, partendo da casa credendo fosse carico, ho usato il reader solo per allontanare le vespe attirate dalla parmigiana nelle teglie di alluminio.
Quando il mondo come lo conosciamo finirà, mi chiedo cosa se ne faranno i superstiti di tutti questi oggetti elettronici senza elettricità. Considerando che conterranno anche tutta la memoria dell'umanità, forse sarà un bene poter ricominciare da zero.
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RispondiEliminaQuel che valeva ha superato gli abissi del tempo anche se era scritto sui supporti pù fragili, le tavolette di cera di Hammurabi, le foglie di platano di Lesbia. Parole potenti come quelle di Socrate sono arrivate a noi senza neppure un supporto, solo con la forza della voce. Le parole interessanti hanno attraversato i millenni copiate con amore, dalla cera al papiro, dal papiro alla pergamena, dalla pergamena alla carta. Ora tocca a noi raccogliere il testimone dagli amanuensi medievali e proiettare quelle parole nel futuro, liberandole dall' inchiostro e dando loro una nuova forma digitale. Solo trasformandosi le parole possono continuare il viaggio. Quelle che sono rimaste alla tavoletta di cera, su quella cera si sono sciolte.
RispondiEliminaGiusto. Con un ma.
RispondiEliminaLe parole possono essere ospitate da altri supporti se ci si accorge della loro importanza, altrimenti si lasciano morire come una specie animale non dichiarata per tempo specie protetta.
La questione non è trovare le parole giuste da salvare. È necessario fare prima un passo indietro. Esiste oggi il concetto di "parola = patrimonio dell'umanità?"
C'è la necessaria attenzione?
È vero, si scrive di più grazie a internet, eppure più lo si fa e più la scrittura assume i connotati usa e getta da supermarket.
Niente discorsi snob. Non li sopporto.
Mi chiedo però se la nuove generazioni abbiano chiaro cosa salvare e cosa "usare". Mi pare invece sia tutto uno strumento per arrivare al risultato il più rapidamente possibile, senza differenziare i rifiuti, senza avere cura di riciclare le parole o, per alcune di esse, senza avere la saggezza di affermare: «No. Questo l'ho usato. Mi è servito, ma non lo butto.»